17 dicembre 2011

L'isola che non c'è (più).

C'era una volta l'U.C. Sampdoria. Un paradiso per (quasi) tutti i calciatori che avevano la fortuna di vestirne la maglia. Purtroppo questo sembra un lontano ricordo, a confronto con la realtà che negli ultimi 12 mesi abbiamo di fronte a noi: giocatori che hanno un nome da Serie A, ma che non riescono a rendere come dovrebbero secondo il loro curriculum vitae sul campo. Eppure, una volta, non era così..

Potremmo avere un doppio approccio per questo tema: andare lontano nella memoria o, più facilmente, avvicinarci agli ultimi 8 anni di Serie A. Volendo adottare il primo semplice modo, Ruud Gullit è nella memoria di tutti: arriva nella stagione 1993/1994, viene dal Milan che ha vinto tutto negli ultimi anni, ma non ha un buon rapporto con Capello. Alla Samp, fa capire che - pur avendo 32 anni - ha ancora tanto da dare: 41 presenze complessive e 18 gol, per una Samp che nel '94 arriva 3° in campionato e vince la sesta Coppa Italia della sua storia. Torna al Milan dopo il prestito, ma la musica è sempre la stessa: il tempo di constatare che Capello non lo vuole comunque avere tra i piedi e torna di nuovo a Genova, dove regala ancora gemme della sua grandezza calcistica fino a fine anno, con altre 22 presenze e 9 gol.

Questa tendenza, inauguratasi con uno dei più grandi campioni di sempre del calcio europeo, si è rivelatasi molto più proficua sotto la gestione Garrone, sopratutto nei primi anni: di esempi ce ne sono a bizzeffe, ma cerchiamo di evidenziare solo i più importanti. Garrone arriva nel 2002 e la squadra riesce subito a salire: sarà nel periodo che va dal 2003 al 2010 che la Samp diventa una sorta di isola felice, dove i giocatori riescono ad esprimersi serenamente e a dare il meglio, riuscendo a toccare gli apici della propria carriera con la maglia blucerchiata. Chiaramente, non è stata una regola matematica, ma è stata sempre una cosa che ho notato, di cui andavo fiero (in quanto tifoso sampdoriano) e che mi manca molto, sopratutto adesso che siamo in B. 

Di quegli anni faccio i dieci esempi migliori - senza fare una lista troppo lunga per essere elencata - di coloro che sono stati rivitalizzati o definitivamente valorizzati da quel grande paradiso felice che è stato la Sampdoria per diversi anni:
10 - Marco Pisano, terzino sinistro (1981)
Chi non se lo ricorda nell'anno della quasi Champions (o quasi scudetto, visti poi gli strascichi di Calciopoli..), galoppare sulla fascia sinistra in maniera quasi instancabile? Arrivato a parametro zero dal Brescia, il ragazzo passa quasi inosservato, salvo poi conquistarsi la fiducia di tutti. Dopo due anni a buoni livelli nel 4-4-2 di Novellino, il Palermo lo compra a peso d'oro, facendo lamentare i tifosi sampdoriani. Sarà un affare: a Palermo delude, litiga con la tifoseria, facendo poi il giro d'Italia tra Torino, Parma e Bari, finendo poi a Vicenza. Un mese fa rischiò di segnare anche il 2-0 che avrebbe probabilmente portato Atzori non solo all'esonero, ma anche alla graticola pubblica..
9 - Francesco Antonioli, portiere (1969)
Dopo anni di luci (tante, sopratutto a Bologna) ed ombre (alcune, condensate tra Roma e Milano), arriva alla Sampdoria che sembra quasi scarico. Anche nel primo anno a Genova, ci sono luci ed ombre, con alcuni errori che sembrano far dubitare della scelta ricaduta sull'esperto portiere, già allora 34enne. Nelle due stagioni successive, sarà invece uno dei fari della squadra, tanto da essere rimpianto e ricordato bene. Ancora adesso gira sui campi della Serie A, a 42 anni. Un fenomeno.
8 - Stefano Bettarini, terzino sinistro (1972)
Più famoso fino alla Samp per la storia d'amore con la Ventura che per il suo gioco, Bettarini arriva alla Samp nel 2002 e contribuisce in maniera tangibile alla promozione in Serie A. Anche l'anno dopo, gioca in maniera ficcante e spettacolare, tanto da far strabuzzare gli occhi a molti dei suoi detrattori e conquistare la maglia della nazionale maggiore nel Feb. 2004, con l'esordio contro la Repubblica Ceca. Il dopo è storia di tutti i giorni: il trasferimento a Parma con poca fortuna (infortunio grave), chiusura della carriera calcistica, calcio-scommesse (due volte) e comparsate in tv di rara tristezza. Si è spremuto con noi, insomma.
7 - Max Tonetto, terzino/centrocampista sinistro (1974)
Dopo una buona carriera, con punte di fama sopratutto a Lecce, arriva alla Samp grazie ad un'altra operazione a parametro zero del buon Beppe Marotta. L'effetto del suo arrivo nel 4-4-2 di memoria novelliana è strepitoso: con Pisano, forma una catena sinistra che letteralmente rade al suolo gli avversari, tanto da farci vivere momenti memorabili (strepitosi i suoi gol contro Fiorentina e Milan nel 2005). E' il trampolino di lancio: con la stessa formula (lo svincolo), va alla Roma nel 2006 e ne diventa un punto di riferimento per le rincorse scudetto dei giallorossi della capitale.
6 - Antonio Cassano, seconda punta (1982)
Sulle doti di Cassano, nessuno discute. Lo si sapeva che era un fenomeno, lo si era intuito a Bari, lo si era definitivamente capito a Roma e, nonostante il periodo di Madrid, non si riusciva a credere che un fenomeno del genere fosse finito. La Samp lo prende in prestito dal Real e lo rigenera in una maniera che molti avrebbero faticato a credere. Quel che realizza dal 2007 al 2010 con la maglia blucerchiata addosso è fatto di tante giocate spettacolari, qualche passaggio a vuoto (ma sarebbe Cassano altrimenti?) e moltissimo affetto. La fine è burrascosa, ma il Cassano visto alla Samp - e qui lo sottoscrivo con il sangue - non si vedrà mai più. Per fare un esempio, un po' come il Ronaldo visto all'Inter.
5 - Francesco Flachi, seconda punta (1975)
Qui sulle doti, invece, c'era qualche dubbio. Lui voleva sfondare nella sua Firenze, giocandosela al meglio delle sue possibilità. Ma non fu fortunato, non c'era spazio per lui nella sua squadra del cuore e così, dopo Ancora e Bari, decide di emigrare (stavolta definitivamente) alla Samp. Saranno 8 anni magici, che permetteranno a Ciccio di rimanere sempre nei nostri cuori: 112 gol in 250 presenze con la maglia della Samp, terzo cannoniere di tutti i tempi della squadra blucerchiata. Cose che, a pensarci ora, ci sembrano impossibili. L'esempio di come un giocatore con una testa pazza, circondato dal giusto affetto, possa dare il massimo.
4 - Aimo Stefano Diana, centrocampista destro (1978)
Dopo gli anni di Brescia in cui si fa conoscere, arriva la possibilità della Sampdoria. Sarà un affare anche qui: 18 gol ripartiti in 96 presenze, gioca talmente bene che rischia addirittura la chiamata nella squadra che poi diventerà campione del mondo nel 2006 e segna anche con la maglia azzurra, nell'amichevole contro la Costa d'Avorio dell'anno precedente. Nell'estate del mondiale, proprio come Pisano, parte per Palermo per Bonanni, Terlizzi e 2,5 mln. di euro: molti piangono. Se la rideranno alla fine: Diana a Palermo non se la passa bene, poi viene impacchettato con Pisano e mandato a Torino, salvo poi fallire anche lì e ritrovarsi a Bellinzona (Cavasin docet). Ora passeggia sui campi di Lega Pro con il Lumezzane: quando si dice la magia che aveva l'ambiente Samp di quegli anni..
3 - Christian Maggio, terzino/centrocampista destro (1982)
Doti da passista indiscutibili, arriva dalla Fiorentina (dopo un passaggio incolore in prestito al Treviso), con la quale ha raggiunto la promozione in A nel 2004, ma nella quale non gioca praticamente mai. Si dice sia anche un infortunato di lungo corso. Sarà l'ennesima scommessa vinta di quegli anni: arriva in un ambiente martoriato dalla mancanza di vittorie, ma nel 2006-2007 è una delle poche note buone della stagione e, l'anno dopo, esplode con Cassano a metterlo in condizione di segnare in qualunque modo (9 gol in 29 presenze, un mostro). A coronamento di tutto, segna un gol contro la Juve che fa cadere giù lo stadio e forse anche Roberto Carlos dalla poltrona. Arriva anche la pre-convocazione per gli Europei, che però non si concretizza nell'inclusione nella spedizione azzurra per Austria e Svizzera 2008. Viene ceduto quell'estate al Napoli per 8 mln. di euro, con grossi rimpianti.
2 - Luca Castellazzi, portiere (1975)
Un esempio alla Flachi. Altro portiere che, negli anni, non fa vedere nulla di trascendentale, ma comunque gioca nelle massime categorie professionistiche: si forma sopratutto a Brescia, dove passa sei anni, con passaggi anche a Catania, Reggio Calabria e passato a Monza, Padova e Varese. Insomma, a 30 anni arriva alla Sampdoria sostanzialmente per fare il secondo e nessuno si aspetta moltissimo da lui. Tanto meno quando, dopo la partenza di Antonioli, incappa in un annus horribilis nella stagione 2006-2007, dove perde il posto prima per Zotti e poi per Berti. Sembra insomma destinato a passare la vita a fare il panchinaro: ma nel 2007-2008, pur se con qualche errore, si guadagna i galloni da titolare e non li molla più. Diventa straordinario: ho visto fare cose a Castellazzi che, probabilmente, neanche Romero in questo momento è in grado di fare. L'esperienza fa il suo quando il portiere ha una certa età e Luca, ormai 34enne, è artefice anche della nostra splendida cavalcata verso la Champions del 2009-2010, seppur solo nella sua prima parte. Storari completerà il suo lavoro, ma giustamente il portierone viene incensato a destra e manca (Cassano ne chiederà la convocazione in nazionale nel 2009) e, essendo in scadenza di contratto, firma per l'Inter. Per quanto mi riguarda personalmente, il rimpianto più grande della gestione Marotta: quanto sarebbe stato utile l'anno scorso un 36enne di questo rango? Grazie comunque, Luca.
1 - Giampaolo Pazzini, centravanti (1984)
L'esempio perfetto di come l'ambiente giusto ti cambia la vita (da calciatore). Pazzini è la classica promessa che non sboccia ancora: partito dalle giovanili dell'Atalanta e arrivato in Serie A con la stessa maglia orobica, a metà della sua prima esperienza nella massima serie viene comprato dalla sua squadra del cuore, la Fiorentina. Lui, toscanaccio doc, non vede l'ora di godersi l'esperienza viola. Pagato 6,5 mln., non riesce mai - nei suoi 4 anni a Firenze - a dimostrare quanto vale. Le cause sono multiple: la pressione di giocare per la squadra che tifi, avere dei mostri sacri a giocare con te (Toni, Vieri, Gilardino), il giocare ad una sola punta della Fiorentina che lo costringe spesso alla panchina, la legge per cui deve sempre dimostrare più di quanto ce ne sia bisogno. Fatto sta che i gol sono 33 in 134 partite con la maglia viola. Pochini. Ma la Samp - in zona retrocessione ed in grosse difficoltà - ci vuole credere e spende 9 mln. per averlo accanto a Cassano. Diventa la mossa della vita per entrambi: Pazzini trova la continuità e la tranquillità mai avuta, segna con una regolarità da far paura e diventa il più grande centravanti italiano in circolazione; la Samp diventa una squadra pericolosa per tutti e raggiunge l'Europa più grande nel Maggio 2010. Il resto è storia: pressioni, affetto che però non sempre basta, esigenze di bilancio e ben 48 gol in 87 presenze con la maglia blucerchiata. Cose dell'altro mondo. In cuor mio, spero sempre che il Pazzo torni quando sarà finito il contratto con l'Inter. 

Questa una top-10 indicativa. Ma ci si chiede anche perché la Samp non riesce ad avere più quest'ambiente magico. Colpa dei tifosi non può essere: chiaro che certi episodi (gli assalti dopo Milan-Samp e Nocerina-Samp) non sono giustificabili, anche perché vanno a colpire quasi sempre i meno colpevoli, ma è anche vero che non so quante tifoserie ti riempiono lo stadio nonostante quello che è successo quest'anno. E' come se la magia fosse finita. E se fossimo l'isola (felice) che non c'è più?

Giampaolo Pazzini, 27 anni, nel 2009 in Samp-Bologna 4-1.

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