25 aprile 2012

La differenza tra noi e voi.

Ho aspettato a scrivere, non volevo farlo sull'onda dell'emotività, sull'onda del fatto che sono un tifoso sampdoriano, sull'onda di un orrore che ti sale pensando che questo è il paese in cui vivi. Ciò a cui abbiamo assistito in quel di Genova domenica scorsa è qualcosa di paradossale (e non nuovo): basta un manipolo di tifosi a fermare tutto. Nel bel mezzo di una sconfitta che ha del clamoroso (4-0 con il Siena), i capi della tifoseria genoana hanno pensato bene di fermare tutto e pretendere che il gioco del calcio s'inchinasse ai loro piedi. O almeno lo facessero i giocatori genoani, fermando lo svolgimento della partita attraverso il lancio di fumogeni e lacrimogeni prima, poi con l'intervento diretto degli esponenti più importanti della Gradinata Nord.
Da lì in poi, il caos ha dominato: la richiesta (esaudita inizialmente) ai giocatori rossoblu di togliersi la maglia, perché non meritavano d'indossarla, visto l'ultimo rendimento del Genoa in campionato; il capitano rossoblu, Marco Rossi, ripreso dalle telecamere con le maglie raccolte stile "lavandaia", pronto a consegnarle ai tifosi e a cedere a quello che è sostanzialmente un ricatto; le lacrime di Mesto, anche se ci sarebbe da piangere su altre cose; ma sopratutto l'incredibile siparietto finale, con Sculli a fare da pacere tra la tifoseria e la squadra, e la ripresa della partita in un clima surreale, che ha visto giocare i 40' finali con un mordente simile a quello di una partita tra scapoli ed ammogliati.
Sembrano esserci tanti errori in questa storia. Tantissimi. Non saprei neanche da dove cominciare.
Innanzitutto, la debolezza dei giocatori: cedere ad un ricatto del genere significa essere schiavi di questo calcio malato, che pretende rispetto sì per i tifosi, ma non attraverso queste manifestazioni. Per altro, questo mette ancora più in evidenza come ci sia un beneplacito di società e/o giocatori verso un certo tipo di tifo, quando invece dovrebbe accadere l'esatto contrario.
C'è da considerare anche il nervosismo dei tifosi, che sta sfociando - a mio modo di vedere - in modo sbagliato: l'anno scorso, in casa Samp, si era tesi verso coloro che erano effettivamente più in luce nelle colpe o negli atteggiamenti; domenica, invece, ho visto gente prendersela con Jankovic, probabilmente uno dei pochi giocatori rinati o salvabili in quest'annata maledetta. Ma è normale: quando subentra il nervosismo, perdi la razionalità.
Un "plauso" anche alle forze dell'ordine: c'è da chiedersi quale ordine stessero osservando. Come sono entrati tutti quei tifosi in tribune piene di famiglie? Perché gli è stato permesso di tutto, tra cui arrampicarsi sul tunnel che porta all'entrata in campo? C'è un detto che fa: "A pensar male, a volte ci si azzecca". E allora mi lancio in questa riflessione: fossero stati studenti disarmati, gente pacifica, manifestatori disarmati, si sarebbe vista tutta quest'ossequio? Probabilmente no e questo fa male allo Stato italiano, ancor prima che al suo calcio.
Infine, il più grosso "applauso" va ai tifosi genoani: è questo il modo di interpretare il calcio? Se uno avesse avuto il telecomando in mano (come lo avevo io l'altro giorno), avrebbe girato un paio di canali su SKY ed avrebbe visto i tifosi del Wolverhampton applaudire la retrocessione dei loro giocatori: non è inneggiare alla sconfitta, ma essere solidali con i propri beniamini fino al 90', se non anche dopo. Invece, in Italia, forse non ce la si fa ad aspettare la fine della partita: meglio fischiare prima, non si sa mai..
Eppure, una cosa - che ha notato solo Preziosi e che invece non ho visto tra le tante manfrine televisive - è che l'esempio Samp non è stato citato da nessuno. Noi siamo una buona tifoseria: non mi lancio nell'ottimo perché ci sono episodi passati che fanno comunque riflettere, come le arance ed i rubinetti a Pagliuca in un Sampdoria-Bologna del 1999. Però l'anno scorso, con tutto quello che ci è successo durante la stagione, si sono viste ben poche cose rispetto allo scenario di domenica scorsa: anzi, nel giorno della retrocessione, fischi a Garrone, ma applausi appena finito il 90'. Non proprio un tifo stra-inglese, ma siamo lì. Almeno c'è stato il rispetto invece della forza, la razionalità prima dell'incazzatura. E sopratutto: non mi risulta che il Genoa fosse in CL o anche in Europa ad inizio stagione; non mi risulta che gli abbiano venduto Palacio a Gennaio; non mi risulta che abbiano perso un derby al 92' che li mandava in Serie B. Perciò, calmatevi. Questo non è più calcio. Speriamo che almeno si sia capita la differenza con voi. E quando dico "voi", non mi riferisco necessariamente al Genoa; bensì ad uno spettro più ampio, al calcio italiano, dove la Samp - almeno per ora - rappresenta un'isola semi-felice. Con tutto quello che c'è stato, siamo stati un mini-esempio. Al modello inglese, manca ancora un po' di strada; ai tifosi genoani, a quanto pare, un continente.


Tifosi del Wolverhampton sostengono la squadra anche dopo la retrocessione di domenica.



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