15 maggio 2018

Titoli di coda (con rimproveri).

Nulla di nuovo, nessuna vera sorpresa: la Sampdoria cade in casa nell'ultima al "Ferraris" per 2-0, contro un Napoli dal motore a giri ridotti. Non è bastata la motivazione di alcuni, un avversario meno pericoloso o la possibile chimera europea: la Sampdoria chiude il proprio rendimento casalingo al terzo posto, ma lo fa con una sconfitta.

Vasco Regini, 27 anni, e Allan, 27, a duello per il pallone.

La Sampdoria ha di fatto chiuso il proprio campionato con la sconfitta contro il Sassuolo: la zona Europa League è lontana e il pareggio di qualche ora prima tra Atalanta e Milan ha reso tutto ancora più difficile. L'unico obiettivo è l'ottavo posto, raggiungibile con una vittoria: un traguardo che accorcerebbe la prossima stagione di una gara.
Purtroppo ci sono diversi infortuni e assenze da affrontare, soprattutto davanti: così, davanti a Ramírez, vengono schierati Caprari e Kownacki dal 1'. E persino Viviano deve dare forfait poco prima dell'inizio: al suo posto c'è Belec. Nessuna sorpresa tra il Napoli, che fa partire Hamsik dalla panchina e conferma i soli tre davanti.
La Sampdoria non si fa praticamente vedere nel primo tempo: è solo e sempre Napoli, con un possesso continuo, seppur a un ritmo meno costante del solito. Al 5' incredibile svista di Gavillucci e della Var: corner e tocco di Andersen, che libera Mertens davanti alla porta. Il belga realizza, ma a sorpresa il gol viene annullato.
Se il tocco fosse stato di Albiol, il fuorigioco di Mertens sarebbe stato gigantesco e l'annullamento corretto. La cosa che mi ha stupito di più, però, è stato che neanche con la Var si è presa la decisione corretta: ci può essere qualche minimo dubbio, ma il tocco è di Andersen e il gol è regolare. Niente da fare, però: si rimane sullo 0-0.
Sono diversi i tentativi dalla distanza da parte degli ospiti: Belec deve rispondere a più riprese su Allan, Zielinski, Insigne e anche su un colpo di testa di Albiol. La Sampdoria ne esce indenne e anzi sfiora il vantaggio: su corner, Ferrari stacca di testa e colpisce la parte superiore della traversa. L'intervallo, però, non cambierà l'inerzia della gara.
Mentre i cori discriminatori sul Vesuvio continuano e la società blucerchiata cerca di contenere i danni, la gara sembra riequilibrarsi un filo. Sia Kownacki che Praet impegnano la difesa del Napoli, mentre Insigne spera di segnare dalla distanza. Dopo una combinazione con Mertens, sembra fatta, ma Belec nega al capitano del Napoli il vantaggio.
E allora ci vuole l'ingresso di Milik per sbloccare la contesa: 60" dopo l'entrata sul terreno di gioco, il polacco viene servito indisturbato al limite dell'area. Il suo mancino è un arcobaleno che finisce la sua corsa sotto l'incrocio: frustrato dopo tanti salvataggi, Belec calcia via il pallone. L'attaccante polacco risponde ai cori con una linguaccia sotto la Sud e viene ammonito.
Gavillucci è persino costretto a interrompere la gara perché la Sampdoria provi a calmare i suoi tifosi, dopo tanti avvertimenti a Regini e tramite lo speaker dello stadio. 5' e ci si rimette in campo, giusto per vedere il 2-0 di Albiol, lasciato solo di incornare su calcio d'angolo. La gara finisce lì e per la Sampdoria sono dei titoli di coda molto amari.

Si fa fatica a vedere un'occasione per i padroni di casa.

Belec 7; Bereszynski 5.5, Andersen 6, Ferrari 5.5, Regini 5 (dal 35' s.t. Strinic s.v.); Praet 5.5, Torreira 5.5, Linetty 6; Ramírez 5; Caprari 5 (dal 24' s.t. Zapata 5.5), Kownacki 6 (dal 41' s.t. Álvarez s.v.).

Non sappiamo se questa gara è stata l'ultima di Marco Giampaolo di fronte ai suoi tifosi, ma di certo ha rappresentato l'ideale chiusura di un cerchio iniziato due anni fa a Empoli, nella sua prima gara da allenatore blucerchiato, proprio contro la squadra che l'aveva appena rimesso nel circolo che conta. In ogni caso, è stato un biennio pieno di soddisfazioni.
E il Napoli? Arriverà secondo, mentre noi continuiamo il nostro regime negativo contro i partenopei: tra casa e trasferta, non vinciamo dal 16 maggio 2010, giorno della grande festa per l'ingresso nei preliminari di Champions. Un altro zero su sei contro la squadra di Sarri, il secondo di fila (l'ultimo punto è dell'agosto 2015, con il 2-2 al "San Paolo").
Se sulla partita non c'è molto da dire, vorrei prendermi un attimo per parlare dei cori. Non è qualcosa di nuovo (ricordo che ne scrissi già nel maggio 2017, in occasione di un altro Samp-Napoli di fine campionato), non è nemmeno qualcosa di originale: veramente vorremmo augurare il peggio? E se qualcuno intonasse un coro sull'esondazione del 2011 a Genova?
Non saremmo contenti, non c'è dubbio. E chiederemmo (giustamente) l'intervento di chi di dovere. Penso che la Sampdoria - come società - abbia fatto quello che doveva: la discesa in campo di Ferrero non avrebbe cambiato nulla sul pensiero dei tifosi, ottenebrati dal famoso gemellaggio tra partenopei e genoani. Ma c'è un pensiero di fondo.
Ripeto, lo scrissi già l'anno scorso... ma perché il Napoli non ha abbandonato il campo? Non sarebbe stato un segnale più forte delle minacce di Sarri di parlarne nel post-gara? In fondo, il Napoli non si giocava nulla: perdere 3-0 a tavolino, ma mandare un segnale incisivo avrebbe fatto molto di più per questo problema.
Un'altra occasione persa, proprio come quella per la Sampdoria: le prospettive di questo campionato erano di metà classifica, quindi una firma sul possibile 9° posto finale l'avrei messa già ad agosto. Però così sa di occasione persa: lo striscione della Sud è giustificato di fronte a una squadra che ha avuto anche otto punti di vantaggio sulla settima ed è riuscita a stare in zona Europa League per 2/3 di questo campionato.
Ora non rimane che l'ultima gara a Ferrara, dove una SPAL disperata si giocherà tutto contro di noi. Mi auguro che la squadra di Semplici possa rimanere in A, se non altro perché nelle trasferte di Genova sono stati derubati nonostante la Var. E gli spallini hanno mostrato - assieme al Benevento - il calcio più interessante delle squadre in lotta per la salvezza.
In fondo, noi abbiamo regalato punti a Benevento, Reggio Emilia, Udine, Bologna, Cagliari, Crotone e in entrambe le trasferte di Verona. Sarebbe quasi ingiusto negarli alla squadra di Ferrara. Ormai scorrono i titoli di coda e i rimproveri non sono solo culturali, ma anche su quello che questa stagione avrebbe potuto rappresentare.

Massimo Ferrero, 66 anni, scende in campo per calmare i tifosi e i loro cori discriminatori.

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